CORONAVIRUS: IL SIGNIFICATO DELLA GESTIONE DELLE RICAVI AI TEMPI DELLA CRISI

I danni causati dal Coronavirus cominciano ad avere ricadute davvero gravi per il nostro settore. Ecco come il revenue management può limitare i danni, insieme agli albergatori che non agiranno d'istinto e si faranno trovare pronti alla fine di questa emergenza.

Pubblicato il 17 marzo 2020


 

 

In questi giorni in cui si parla solo di una cosa, ci troviamo inevitabilmente a dover gestire le ansie e il panico degli albergatori alle prese con gli effetti devastanti che questo virus (e la sua amplificazione mediatica) sta causando al turismo e all’economia, più che alla sanità della popolazione.

E in questi giorni è emersa anche tra gli addetti ai lavori la domanda su come si possa contrastare questa crisi e se tutte le varie leve possibili, compreso il revenue management, possano ancora avere un’utilità e un senso.

Avendo avuto l'opportunità di lavorare con alberghi in vari paesi europei negli ultimi 10 anni, mi sono spesso trovato a fronteggiare crisi improvvise a seguito di catastrofi naturali, attacchi terroristici (Parigi 2015, Bruxelles 2016, Barcellona 2017), tensioni o altri fenomeni socio-politici che ha davvero messo in ginocchio alberghi e strutture ricettive.

Questo mi ha permesso di avere una storia su come le grandi crisi possono influenzare quello che è il cuore del nostro lavoro, il revenue management.

E quanto spesso queste crisi presentano fenomeni simili.

Una domanda che ricorre spesso nel nostro settore è se il revenue management possa davvero servire a qualcosa di fronte a questi giganteschi fenomeni negativi.

In altre parole, quando ci si trova di fronte a scenari quasi apocalittici, quando gli hotel passano improvvisamente da più del 90% di occupazione a meno del 10% in alcuni casi, quando le prenotazioni si interrompono del tutto o rallentano drasticamente, cosa può fare il revenue management?

C’è chi sostiene che in questi casi il revenue management sia inutile, partendo dal presupposto che il revenue management è solo pricing, e che quindi la leva del prezzo sia inefficace per stimolare una domanda comunque inesistente.

Premesso che la crisi del Coronavirus si risolverà soprattutto sul piano sanitario, politico e mediatico, con il revenue management non possiamo che studiare attentamente e quotidianamente la situazione, tenerci aggiornati, ipotizzare scenari e studiare misure per mitigare gli effetti economici nel breve termine , a medio e lungo termine.

  

Cosa può fare un Revenue Manager di fronte ad un’emergenza?

Innanzitutto, quando ci troviamo di fronte a queste crisi, dobbiamo analizzare quali sono i fattori che bloccano o distruggono la domanda.

In altri termini, le limitazioni oggettive (es. limitazioni ai trasporti e ai voli, divieti e misure restrittive dei governi, quarantene, chiusure di aziende, attività commerciali e luoghi di aggregazione, annullamento di eventi, ecc.) e soggettive (timori psicologici di subire danni a causa della vostra salute, sicurezza o disagio).

A seconda di quanto si influenzano a vicenda, è possibile avere un’idea chiara di quanto si può condizionare la domanda e con quali segmenti, canali e attività, quali scenari si possono profilare, e di conseguenza prendere decisioni consapevoli.

Dopotutto, questo significa anche gestire le entrate.

Considerato che per le strutture stagionali estive, al momento meno impattate economicamente, non resta che attendere, per le strutture annuali o con stagionalità lunga il discorso è un po' più complesso.

Se l'hotel si svuota da un giorno all'altro e la tua agenda diventa tabula rasa, cosa puoi fare a breve termine?

Premesso che nel primissimo periodo di crisi diventa difficile immaginare di fare incrementi rispetto all'anno precedente, piuttosto l'obiettivo diventa limitare i danni e le perdite, cosa si fa? I prezzi stanno scendendo? I prezzi aumentano? L'hotel sta chiudendo? Licenziate il personale?

 

Non è necessario abbassare i prezzi!

Non vi è dubbio che, laddove i limiti oggettivi sopra menzionati prevalgono su quelli soggettivi, non è necessario abbassare i prezzi.

La verità è che di fronte a tutte queste crisi, siano esse attacchi terroristici, tensioni sociali o virus, abbiamo quasi sempre situazioni ibride in cui ci sono sia segmenti esposti a limiti oggettivi, e su cui evidentemente si può fare poco, sia segmenti esposti solo a limitazioni soggettive, e sui quali invece le diverse leve che conosciamo, tra cui il revenue management e il marketing, hanno ancora la loro funzione fondamentale.

E sperimentare è l’unico modo per capirlo.

Gli hotel che hanno saputo costruire un buon mix di clienti, canali e segmenti, anche in base alla reputazione del brand, alla tipologia e alla destinazione, avranno sicuramente maggiori possibilità di reggere l’impatto, ma lo faranno sempre adottando le leve che sappiamo.

 

Recuperiamo i clienti domestici prima degli stranieri

Ma questo ci fa capire che si può fare qualcosa per limitare i danni, cominciando a recuperare i clienti domestici prima di quelli esteri.

E, per quanto possibile, incassare anche le penali di cancellazione di chi chiede di cancellare in assenza di limitazioni oggettive, è un'istanza legittima in questi casi.

Sicuramente chiudere completamente la struttura e tagliare il personale in attesa di tempi migliori è la scelta peggiore che si possa fare.

Per una serie di ragioni.

Innanzitutto perché chiudendo sarà difficile capire quando arriveranno i tempi migliori, la crisi è davvero finita e ha senso riaprire.

Poi perché chiudere le vendite online fa perdere inevitabilmente visibilità e danneggia il meccanismo di posizionamento sulle OTA nel medio-lungo termine, oltre a perdere nel breve termine potenziali prenotazioni di clienti non esposti a limitazioni oggettive o soggettive.

E che, anche se sono molto meno del solito, contribuiscono comunque a tenere in vita l’hotel.

E poi perché chiudendo non si fa altro che alimentare quel meccanismo mediatico che si vuole invece combattere, ovvero l'immagine di un Paese allo sbando e che sembra vivere una guerra che non c'è.

Gli alberghi che resisteranno alla tentazione di chiudere potranno sicuramente godere dei benefici della fine della crisi prima e meglio di chi ha invece optato per la soluzione più drastica della chiusura e del conseguente licenziamento delle persone.

Per quanto occupazione e ricavi possano ormai dare l'impressione di non giustificare i costi sostenuti per mantenere aperto l'albergo, i danni di una simile scelta nel lungo periodo potrebbero essere maggiori dei relativi vantaggi nel breve periodo.

Sarebbe piuttosto più opportuno approfittare della situazione per anticipare un parziale rinnovamento delle camere e dell'albergo così da presentarsi in una veste migliore quando la crisi sarà passata.

   

Questi gli scenari che si aprono "post virus"

Ok, e dopo? Quando finirà la crisi? Quando riprenderanno i flussi di prenotazioni e torneranno gli hotel?

Difficile ipotizzare le tempistiche. Tutto dipende dall’evoluzione di questo virus.

Lo scenario migliore che tutti auspichiamo è che le misure adottate portino nell’arco di poche settimane/mesi alla stabilizzazione e alla riduzione del numero dei contagi, e nel frattempo il virus si indebolisca con l’arrivo del caldo e dell’estate.

Lo scenario peggiore, e forse il più probabile, è che invece questo virus diventi una vera e propria epidemia globale, che colpirà tutti i Paesi del mondo, anche se con un tasso di letalità (rapporto tra morti e contagiati) irrilevante dal punto di vista percentuale. (anche per il fatto che il numero dei contagiati è in realtà molto più alto di quello ufficiale, se consideriamo tutti gli asintomatici, quelli che non si dichiarano e quelli che in vari paesi del mondo vengono invitati all'autoquarantena senza in fase di test ed entrando quindi nei conteggi ufficiali).

A quel punto, però, l’impatto globale di questa crisi porterà i vari governi a prendere decisioni di vitale importanza per l’intera economia mondiale.

Tutto il clamore mediatico sul numero di persone infette e su quale paese ne ha più di altri perderà la sua rilevanza emotiva.

E tutte le misure per contenere e limitare la circolazione delle persone non avranno più molto senso. Sostituite invece da misure di mitigazione, buon senso (individuale e collettivo) e prevenzione.

Con l’obiettivo non più di ridurre la diffusione del contagio, ma di rallentarlo e dilatarlo dal punto di vista temporale per consentire agli ospedali di non collassare e gestire quella bassa percentuale di casi più gravi.

Se arriva un vaccino, se arriva tra un anno o un anno e mezzo, cosa facciamo nel frattempo?

Cancelliamo tutti gli eventi planetari? Sospendiamo la Convenzione di Schengen?

Ci barrichiamo tutti in casa per un anno e blocchiamo l’intera economia mondiale per un virus che ha un tasso di letalità inferiore all’1%?

Con conseguenze a quel punto ben più pericolose per la salute dell’umanità di un virus che ha un tasso di letalità così insignificante?

Inconcepibile, insostenibile e insensato che si verifichi uno scenario del genere.

Probabilmente impareremo tutti a convivere con il rischio di questo virus e l’istinto naturale a vivere (e a viaggiare) prevarrà in modo liberatorio e prepotente sulla paura.

Inoltre, nel mondo di oggi siamo esposti al rischio di fenomeni ben più letali e spaventosi, quanto imprevedibili, come gli attacchi terroristici o le catastrofi naturali, che non ci impediscono certo di continuare a viaggiare. Non vediamo perché un virus che ha almeno il vantaggio di essere prevedibile, rispetto ad altri disastri, e quindi gestibile e controllabile, debba bloccare l’intero genere umano.

 

La ripresa avverrà e sarà travolgente

Dal punto di vista alberghiero, uno scenario del genere porterà sicuramente nei primi mesi ad una contrazione del turismo nel mondo (come del resto è avvenuto dopo l’11 settembre o durante la crisi economica del 2008), ma la ripresa sarà molto più travolgente di quanto si possa immaginare. quanto non è stato il crollo.

Ecco allora che bisogna essere bravi a gestire gli effetti della ripresa.

Motivo per cui consigliamo di essere parsimoniosi nella distribuzione delle camere online per i prossimi mesi, per evitare di sfuggire di mano nel momento della dirompente ripresa, e vendere troppe camere a prezzi inferiori al necessario, non potendo così recuperare il perdite correnti dovute al crollo della domanda.

Quindi il revenue management ha ancora un’utilità e un senso anche in queste situazioni drammatiche, quando permette di monitorare quotidianamente attentamente la situazione, contenere le perdite nel breve termine, fare previsioni e gestire nel modo più proficuo la ripresa nel medio termine. e a lungo termine, per recuperare ciò che è andato perduto.

In conclusione, è inutile nascondere l’evidenza, ci saranno mesi di sofferenza, ma se teniamo duro e sapremo non farci prendere dal panico e prendere le necessarie decisioni strategiche a breve, medio e lungo termine, nel momento della ripresa (che ci sarà e sarà più incontenibile del virus), possiamo recuperare con gli interessi tutto quello che stiamo perdendo adesso.

 

Fabio Morandin

CEO di MoreHotelier , Outsourced Revenue Management

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